Harold Bloom in The Anxiety of Influence descrive come operi l’influenza poetica, cioè la storia delle relazioni inter-poetiche. Per Bloom ci sono poeti forti e poeti deboli. I primi sono coloro che guardano al passato, che emulano la storia della poesia che li ha preceduto, ma travisandoli (mis-understanding); mentre i poeti deboli tendono a idealizzare la tradizione. Ma anche i poeti con vasta immaginazione, i poeti forti, auto-appropriandosi dell’esistente sono come indebitati con il passato e questo debito provoca quella che Bloom chiama “angoscia”. I poeti forti sono poeti originali, perché l’influenza poetica non rende i poeti necessariamente meno originali, anzi spesso, quando i poeti fraintendono i “classici” o i “padri”, li rende più originali. Lang, pur conservando una “visione molto personale”, cioè, per dirla con Bloom, è “forte, ma risente dell’influenza di Max Reinhardt, per esempio. Murnau cita Lang, ma lo fa con maestria, quindi è “forte”.